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Carnevale di Pontecorvo

Carnevale di Pontecorvo

La storia di Burlicchio e di un Carnevale tra i più famosi del Lazio

Se diciamo Pulcinella, cosa vi viene in mente?  Ovviamente il Carnevale. E se diciamo Colombina, Arlecchino o Balanzone? Se la risposta è di nuovo Carnevale… Complimenti, avete indovinato di nuovo!

E se dico Burlicchio? Non vi viene in mente nulla? Forse allora non sapete nemmeno che in un piccolo paese della Ciociaria ogni anno, ormai dal 1952, si svolge uno dei più famosi carnevali del Lazio: il Carnevale di Pontecorvo.

Sì perché il Carnevale è una manifestazione amata in tutta Italia, la festa in cui più di tutte il sacro si mischia col profano dando vita ad allegorie, tradizioni, ricette, insieme con una ricchissima sfilza di maschere tradizionali tipiche di ogni regione, e Burlicchio è appunto una di queste.

Carnevale di Pontecorvo: la storia di Burlicchio

La mascherina nacque attorno agli anni sessanta, legando da subito il paese alla tradizione delle maschere della commedia dell’arte italiana. Burlicchio infatti, per quanto riguarda l’abbigliamento, ricorda molto il cugino più famoso, Arlecchino. Vestito a rombi gialli e rossi, cappello, bastone e una chela a posto di una mano, una maschera a metà tra marionetta e burattino.

Burlicchio è la maschera ufficiale del Carnevale Pontecorvese da circa una decina d’anni ma prima di lui molte maschere hanno avuto il ruolo di protagonisti all’interno della manifestazione.

La prima mascotte fu un elefante, Alicandro, e a lui è legata la nascita della storica tradizione del carnevale di Pontecorvo.

Si racconta infatti che nel 1952, un gruppo di Pontecorvesi si fosse recato in visita a Napoli e che qui avesse acquistato un pupazzo di cartapesta raffigurante appunto un elefante gigante. Tornati a Pontecorvo la mascotte venne utilizzata per la prima sfilata allegorica, in Via XXIV Maggio, dove ancora oggi sfilano i carri allegorici.

Dopo Alicandro fu la volta di Ammazzamavere, la figura richiamava i Saraceni che tra l’ottavo ed il nono secolo dopo Cristo invasero il paese e che venivano accolti dagli abitanti al grido di “Ammazza i mori” da qui il nome Mazzamavere.

I Pontecorvesi che sapevano sorridere delle proprie disgrazie, diedero inizio ad una simpatica tradizione carnevalesca. Si tingevano la faccia di nero, indossavano un abito lungo, spesso preso in prestito dalle mogli e irrompevano in città armati di bastoni.

Agli Mmazamavere seguì la figura della Principessa, nata in un periodo ben preciso, nel 1979 per rispondere all’esigenza della popolazione di riproporre le serate danzanti in voga negli anni 70.

La principessa, durante la sfilata del carnevale veniva trascinata su un risciò da due cinesi, accompagnata alla corte da sua maestà Re Carnevale. Una figura che destò scalpore per l’epoca, una donna che assumeva il potere assoluto di Pontecorvo, spodestando addirittura il sindaco costretto a consegnarle le chiavi della città.

Ad oggi la figura degli Mmazzamavere e delle Principesse è stata ormai dimenticata dalla popolazione. Cosa che invece non è successa per Burlicchio, vera mascotte assunta a simbolo del Carnevale. Così come non ha perso vigore la storica manifestazione che vive soprattutto dell’impegno e passione dei maestri carristi, i quali lavorano mesi e mesi ai giganteschi carri allegorici che ogni anno irrompono nelle piazze, richiamando la presenza di migliaia di persone non solo del Lazio ma anche dalle regioni circostanti.